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  • Immagine del redattoreAntonio Dacomo

A NOI CHE PIACCIONO I VINI BUONI - UCELINE 2012 UVALINO - CASCINA CASTLET - COSTIGLIOLE D'ASTI

Ci sono quelle cose nella vita, che grazie alla caparbietà di una persona, riescono ad arrivare a noi in un modo forte e indelebile.

E’ il caso di Mariuccia Borio proprietaria di Cascina Castlèt, azienda agricola di Costigliole d’Asti produttrice di vini dalla marcata impronta territoriale, che considera un valore su cui investire anche per il futuro. Proprio come sta facendo a tutela dell’Uvalino, un vitigno autoctono antico quanto raro che, grazie anche ai ricercatori universitari di Torino e dell’Istituto sperimentale di enologia di Asti, si è riusciti a evitare da possibile estinzione. Il progetto fu presentato nel giugno 2003 in occasione del VII International Symposium of Oenology di Arcachon, organizzato dall’Università di Bordeaux, dove vennero presentate le più importanti ricerche europee in campo vitivinicolo.

Ne avevo sentito parlare dell’Uceline, ma non l’avevo mai assaggiato, e quest’anno in una visita da Mariuccia, ne ho ricevuta una bottiglia da provare. Sturata e assaggiata, ne sono stato colpito e stupendamente sorpreso, un vino con così tanta profondità non capisco come non abbia avuto più successo e più clamore, infatti per tanti è sconosciuto, abituati a altri grandi rossi più famosi.

La bottiglia della vendemmia 2012 che ho aperto è magnifica nel suo colore rosso granato intenso con belle tonalità più marcate che ci ricordano un vino evoluto. Il profumo è ampio e di grande impatto, intenso, di frutta matura e spezie dolci, giustamente terziarizzato, con sensazioni assai gradevoli date dall’invecchiamento e molto persistenti. Si avvertono le sensazioni dolci dell’affinamento in legno di tonneaux di rovere pregiato da 5 hl.

Al palato ha un ingresso dolce, caldo ed è ben equilibrato ed è ancora gradevolmente acido con tannini esuberanti che ti asciugano la bocca. Un vino particolare, nobilitato da una lunga persistenza aromatica intensa, certamente complesso, mai banale, al di fuori dai canoni a cui siamo abituati. Un rosso che di sicuro ha ancora molta vita davanti a sé e che col tempo riuscirà ad ammorbidirsi ancora.

Probabilmente il tannino pronunciato al momento della degustazione, andrà a ben contrapporsi con i piatti e le preparazioni leggermente untuose delle carne rosse e selvaggina, in salmì, materie prime cotte o macerate nel vino. Perfetto connubio con formaggi di lunga stagionatura e saporiti. E’ consigliabile servirlo alla temperatura di 18°C. in bicchieri tulipano grande a bocca leggermente svasata.

Cinquemila bottiglie che custodiscono un vitigno, un tempo assai diffuso tra i filari dell’Astesana, in Piemonte. Da anni Cascina Castlèt, azienda agricola di Costigliole d’Asti, crede e finanzia la ricerca universitaria per custodire e tramandare la coltivazione di Uvalino sulle colline circostanti. Qui nasce l’Uceline, un vino che deve essere apprezzato con qualche anno d’età: è appena uscita di cantina l’annata 2011.

Come si voglia leggere, l’etichetta dell’Uceline è un’idea semplice e un po’ onirica, opera di quel genio di Giacomo Bersanetti: le lettere del nome Uceline si animano fino a ricreare il volo di un piccolo stormo di uccelli che partono per terre lontane dopo la vendemmia, o che all’alba becchettano i miei acini maturi. La soluzione quasi surreale, di della serigrafia, realizzata direttamente su vetro, si esprime con il colore giallo terra delle sabbie astesane dove cresce l’uvalino.

Il nome ha origini antiche. Nell’Astesana erano così chiamate già dal Seicento le uve rosse di un vitigno a maturazione molto tardiva che potrebbe essere l’uvalino o un suo antenato, deriva presumibilmente dal fatto che, essendo così ritardata la maturazione erano le ultime uve a essere vendemmiate ed erano largamente mangiate dagli uccelli.

Era la bottiglia più preziosa da regalare al dottore, al podestà, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura. Poco di scritto è rimasto su questo vino, ma le testimonianze orali permettono di attestare la sua presenza in Piemonte almeno dagli ultimi anni dell’Ottocento. Da quell’epoca, risulta diffuso in tutta l’Astesana meridionale, con il cuore nella zona di Costigliole d’Asti. Si può dire che fino a una cinquantina d’anni fa in tale area non esistesse azienda agricola, per quanto piccola, che non destinasse all’Uvalino almeno un paio di filari dei propri vigneti. Le caratteristiche varietali dell’uva in questione portano a escludere che si tratti di un vitigno forestiero importato e acclimatato in tempi recenti, o comunque nel corso dell’Ottocento. Veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti, e si connotava così con un segno di distinzione. Avere qualche bottiglia di Uvalino in casa era un segno di benessere, oggi diremmo uno status symbol.

“Uvalino”, un vitigno di antica tradizione e coltivazione ormai dimenticato e quasi del tutto scomparso. Introdotto inizialmente nel nostro vigneto sperimentale, dove è stato sottoposto ad una rigorosa ricerca scientifica e agronomica. La vendemmia avviene verso la fine di ottobre quando l’uva raggiunge una perfetta maturazione. I grappoli raccolti a mano e scelti scrupolosamente, vengono adagiati in piccole cassette traforate e poi collocate in un “fruttaio” ben ventilato e a temperatura controllata per oltre un mese ove subiscono ancora una leggera surmaturazione e appassimento.

Il mosto ottenuto per pigiatura e parziale diraspatura, viene avviato alla fermentazione. Normalmente questa si svolge molto lentamente e può prolungarsi per oltre 20 giorni. La temperatura non è mai troppo alta (22-25°C), frequenti rimontaggi permettono la totale dissoluzione degli antociani e dei vari componenti fenolici che, per questo vitigno, giocano un ruolo molto importante. La fermentazione malolattica e, successivamente le varie fasi di maturazione del vino, avvengono in tonneaux di rovere pregiato da 5 hl. Le bottiglie riposano almeno un anno prima della messa in commercio. Per le particolari attitudini del vitigno, questo vino, se conservato a giusta temperatura, può affinarsi per lunghi anni donando ai suoi estimatori sensazioni di straordinaria finezza.

Alla presentazione del vino, anni fa, agronomi e medici hanno parlato delle sue particolarità salutistiche: del resveratrolo, l’alcol «buono» che ha effetti benefici sul cuore e le arterie, presente dieci volte di più che negli altri vini, e persino di elementi che indurrebbero al «suicidio» le cellule leucemiche. Insomma, mai come nel caso di Uceline, è da bere, con moderazione.

Una grande vino che rispecchia la grande produttrice, Mariuccia Borio, che non raccoglie la popolarità e fama che gli spetterebbe, quasi a ricordare il carattere un po’ chiuso e riservato di noi piemontesi……

Antonio Dacomo 6 dicembre 2020

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