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  • Immagine del redattoreAntonio Dacomo

La famosa invasione degli Osti di Altopascio. La Macchina del Tempo

Aggiornamento: 26 gen 2021

La cucina toscana, nelle grandi città del nord, è tradizione, dai primi del secolo scorso. Fra locali storici decotti, vecchie trattorie da grandi porzioni e nuove aperture, ecco un ricordo dove si mangiava e si mangia ancora toscano a Torino, tante volte contaminato da pesce e piatti piemontesi.

E’ una cucina, la toscana, quella di terra soprattutto, un po’ un monumento a se stessa. Un monumento alla costata alla fiorentina e ai fagioli zolfini, ai piselli e alle grandi verdure, al pane sciapo cui fanno da contraltare i salati salumi. Guardando al panorama della ristorazione torinese, i locali erano da secoli quelli di sempre, divisi fra osterie e ristoranti veri e propri, che puntavano tutto sulla bistecca di Chianina e poco altro. La maggior parte decisamente “sfioriti” e cari.

Poi ha aperto qualche nuova insegna con una proposta un po’ più moderna, almeno nell’arredo, e la cucina toscana è tornata a essere di moda (almeno un po’ di più di prima).

I ristoranti toscani a Torino hanno fatto la storia della ristorazione cittadina, negli anni, e parliamo già della fine dell’Ottocento, in cui in città arrivavano da tutta Italia, non solo dal Sud, immigrati in cerca di fortuna. A Nord, a Milano e Torino soprattutto trovavano una cucina povera, basata su pochi piatti e pochi ingredienti, minestre di riso, panissa, bagna cauda, come si faceva un tempo, o fritto misto e brasati. La cucina toscana era quella della cacciagione, delle fritture, delle bistecche di manzo al sangue, dei fagioli, dei funghi…. All’olio di oliva che, portato dai cuochi della Lucchesia proprio dalle colline toscane, ha invaso, negli anni Cinquanta, le tavole del Nord Italia, e ne ha cambiato, insieme all’immigrazione dal Sud, le abitudini alimentari.

E' stata la prima a insediarsi in città, insieme a seguire di quella pugliese e sarda.

I ristoranti toscani erano tanti e proponevano una cucina di tradizione, semplice, incentrata sulla carne, primi piatti e un menù sempre uguale più o meno a se stesso. Negli anni gli storici si sono trasformati in ristoranti “di toscani” più che “toscani al 100%” nella proposta, adattandosi ai tempi e alle influenze del nord – ma la storia della cucina è fatta così, di contaminazioni. Com’è oggi il tipico ristorante toscano a Torino? Un locale vecchiotto, a volte per nulla interessante dal punto di vista gastronomico e piuttosto caro, a volte rassicurante seppur démodé, a volte un indirizzo da segnare in agenda.

Queste memorie sono parte della vita di questo Paese e come tali hanno ancora più valore: rilette, fanno un certo effetto. Sono storie d’immigrazione interna, ma non dal Sud al Nord, in cerca di fortuna. È il trasferimento, complesso e affascinante, di un pezzo di Toscana nel Nordovest, a creare piano-piano una delle più attive e significative “correnti” gastronomiche italiane: le trattorie e i ristoranti toscani di Milano e Torino. Una chiamata lenta ma continua, di un gruppo di persone che comunica e fa rete, capace di cambiare le abitudini e i modi di mangiare delle grandi città industriali.

Fino agli anni venti del Novecento nei locali pubblici torinesi si mangiava ancora solo alla piemontese. Pochi i ristoranti, numerose le trattorie o piole in ogni quartiere in cui si gustavano i piatti della tradizione regionale.

- La storia di questo esodo a Torino parte nel 1911 (per quello che ho trovato negli archivi) dal talento di Adolfo Pollastrini di Altopascio, di origini toscane, che decide di aprire, nel cuore della città della Mole, un locale in cui poter gustare i piatti della tradizione italiana. E’ tra i primi a Torino se non il primo, si chiamava inizialmente “Trattoria Toscana”, a conferma dell’intento di voler riproporre a tavola tutta l’accoglienza tipica del centro Italia. Il Ristorante si trovava all’inizio in Corso Beccaria 2, sotto i portici vicino a Piazza Statuto. Nel 1955 diventerà il Ristorante Frejus, e da qualche anno è diventato un triste cinese. In seguito si succedono ben tre generazioni e si trasferiscono in Corso Palestro 2. Nel 1986, Nicolino e Barbara Mastrovincenzo rilevano l’attività, rendendo concreto un sogno comune. Il Ristorante Pollastrini diventa così un ambiente raffinato, nel centro di Torino.

- Datata 1918 il famoso Ristorante della Vittoria di via Carlo Alberto 34 della famiglia Carrara di Altopascio, di sicuro un simbolo di questa ristorazione ancora in attività.

- Uno delle prime trattorie toscane – siamo verso la fine degli anni venti – fu aperta da Gino Orsucci in via Monginevro 46 (ancora oggi una delle migliori farinate e castagnaccio di Torino).

- Fu raggiunto a breve giro da altri osti lucchesi di Altopascio e dintorni (Spianate, Marginone, Badia e Montecarlo): aprirono i battenti Poldo in via di Nanni (che aveva un’analoga attività̀ anche nella periferica via Nicola Fabrizi) e Cecchetti in piazza Madama Cristina.

- Michele, toscano originario di Tonfano, frazione della solare Versilia, arrivò a Torino con il sogno di presentare a Torino la sua ricetta della farinata e del castagnaccio. nel 1922 acquistò il locale di Piazza Vittorio 4, costruì il forno a legna che ancora oggi è il protagonista del ristorante, e quello diventò il suo laboratorio. Ogni giorno preparava farinata e castagnaccio che consegnava a domicilio percorrendo le strade ciottolate del centro torinese in sella alla sua bicicletta. Nel 1955 ci fu il primo passaggio generazionale con l’affido della gestione della pizzeria alle figlie, Ada e Anna, le quali affissero l’insegna “Da Michele” che campeggia ancora oggi. Dal 1982 Da Michele diventa anche ristorante con l’ampliamento dei locali. Oggi il tutto è gestito dal nipote Luca.

- Pochi anni dopo, nel 1927, Settimo Vannelli, il nonno di Andrea Vannelli (Gatto Nero), arrivato a Torino da Altopascio, individua nella vecchia Trattoria Bella Napoli di via Santa Croce 2, a pochi passi da piazza Carlina, il luogo adatto per aprire una nuova attività nel campo della ristorazione, congeniale a tanti suoi concittadini che avevano lasciato quella zona della Toscana in cerca di fortuna. Nel 1921 intanto aveva sposato la conterranea Annunziata Marchetti, da cui nasceranno Enzo, Fosca e i gemelli Gilberto e Franca, man mano che cresceranno aiuti indispensabili per mandare avanti l’attività di famiglia. Piazza Carlina diventa l’epicentro del mondo dei Vannelli: lì c’è il mercato, in cui la mattina Settimo va a far spesa di frutta e verdura, mentre per i formaggi si spinge in una bottega di via Po. Il vino rosso di tutti i giorni, cioè Barbera e Freisa, proviene da Superga e dintorni, mentre il Chianti arriva dalla Toscana. Il salame e il prosciutto cotto sono di Cocconato, cioè delle prime propaggini del Monferrato. Per la carne, ci si arrangia un po’ come capita. Purché sia salvaguardata la qualità. Il Gatto Nero di via Santa Croce va a gonfie vele, la clientela è numerosa e di qualità. E, soprattutto, in continua crescita. Morto il fondatore nel 1953, il locale conosce qualche anno di transizione, fino al nuovo impulso dato da Ciro Grassi, un cugino dei Vannelli dall´estro formidabile abbinato a un senso pratico altrettanto fuori del comune. In effetti, Ciro Grassi rivoluziona cucina, mentalità e stile di servizio. Il menù diventa schiettamente toscano, con piatti di pesce come non se n´erano mai visti prima in città, le grandi costate che avrebbero fatto il mito del Gatto Nero, l´impiego costante di extravergini pregiati in anni di buio totale sui condimenti di qualità. La morte prematura di Ciro non lasciò spiazzati i Vannelli, ormai sicuri sulla strada intrapresa. «Vivemmo gli anni Sessanta e Settanta tutti d´un fiato, mietendo soddisfazioni che avrebbero anche potuto dare alla testa, se non ci fosse stata una solida filosofia di famiglia a guidare ogni nostro passo», commenta Gilberto Vannelli. Lo stesso Ciro Grassi, ex patron del Gatto nero, aveva lavorato prima a Milano da Giannino imparando il meglio della professione. Aveva anche operato alla Collina Pistoiese, un altro “monumento toscano” aperto nel centro di Milano dal 1938. Nel 1958 il Gatto Nero si trasferisce nell’attuale sede di Corso Turati 14, nel tranquillo quartiere residenziale della Crocetta.

- In queste mura nacque professionalmente Moreno Grossi, il cognato del titolare Gilberto Vannelli, marito della sorella gemella Franca, che si occupò del servizio di sala. Moreno nel 1979 apre in la Prima Smarrita, e qui porta avanti quella cucina dal fascino mediterraneo e toscano/piemontese davanti alla quale i torinesi l’hanno conosciuto.

Lo stesso Moreno per anni ha gestito anche La Magione del Tau, un altro ristorante toscano in Corso Bramante davanti alle Molinette.

- Plinio Lorenzi, arrivato da Ponte Buggianese in provincia di Pistoia, apre negli anni’30 il Montecatini, in via Andrea Doria angolo via Lagrange. Nel 1943 acquista la preesistente trattoria Bara d’Fer a Porta Susa e apre Plinio. Nel 1958 andrà a fare la gavetta Lido Baggiani (ne parlerò in fondo). Negli anni ’90 Plinio sarà gestito da Domenico del Vecchio (trascorsi all’Abetone di Corso Raffaello) che attualmente è patron della Trattoria Torricelli dell'omonima via, al 51. Oggi il locale dove si trovava Plinio è una "triste" Pizzeria.

- Dal 1930 la famiglia di Vittorio Urbani, passando di generazione in generazione, arrivando dalla toscana sono diventati una realtà Torinese. Dal 2001 “Urbani” si è trasferito al posto del Ristorante Biagini aperto nel 1927 in Via Saluzzo 3. Il Ristorante Urbani è un luogo diventato famoso dove cenare a San Salvario vicinissimi a Porta Nuova e ai migliori alberghi di Torino. Oggi la gestione è portata avanti dalla figlia del titolare, Emanuela Urbani.

- Anche nel 1930 apre il ristorante Taverna Dantesca in via Nizza 15, realizzato sulle spoglie del ristorante Asti. Nel ‘31 Alberto Serafini, apre in via Massena 3, la Grande Pensione Toscana, poi chiusa nel 1937. In questi anni l’Albergo Canelli, nel Palazzo Durando, in via San Dalmazzo 7 angolo via Barbaroux, era gestito da Toscani.

- A pochi passi dal centro di Torino e all’ombra della Mole Antonelliana, la Trattoria Ala vede la luce nel lontano 1950 e prende nome dalla sua ideatrice e fondatrice Ala Ulivieri. Da allora, la struttura ha mantenuto intatta la sua tradizione di sapori casalinghi e genuini, in un mix di piatti che partono dalla tradizione culinaria toscana per arrivare alla più classica "cucina della nonna" e concludersi nei piatti della migliore tradizione nazionale. Quotidianamente i cuochi della trattoria assemblano un menu del giorno in base alle materie prime locali, sempre fresche e genuine. Un espediente per permettere anche ai clienti abituali di mangiare in modo vario e salutare, senza paura di annoiarsi. Il locale, piccolo ma accogliente, è concentrato in una sala, il rapporto qualità-prezzo decisamente valido. All’interno di un menu piuttosto variegato, che va dalle zuppe di pesce, alle paste caserecce e ai bolliti sino a un ampio assortimento di dolci, spiccano in particolar modo alcune pietanze. Imperdibili, in particolare, lo spezzatino di cinghiale per gli amanti della carne e il tonno alla piastra per chi più apprezza il pesce.

Carlo Gianfaldoni riaprirà negli anni ’70 un altro ristorante a suo nome a pochi passi dalla Stazione di Porta Nuova, in via Pastrengo 2 e poi in via Sacchi 36. Per alcuni anni fino alla fine del secolo scorso, sarà un locale famoso per il pesce, poi vari passaggi di mano fino al declino.

- Sono centinaia i ristoratori toscani che sono venuti al nord, in cerca di fortuna, dalla Toscana e hanno costruito e insegnato ai torinesi una cucina fatta di leggerezza e olio e pesce e carni che ha dato uno scossone alla tavola tradizionale torinese. E’ incredibile la grande influenza che questa cucina ha avuto sulla ristorazione torinese, una storia di altri tempi, tempi lontani ormai.

Ne dimenticherò tanti, spero che mi aiutiate a ricordarli tutti:

- La pizzeria Il Cavaliere è gestita da più da sessanta anni dalla famiglia Lazzeri, in Corso Vercelli 79. Il nonno Nello(originario di Lucca) nel 1958arrivò a Torino da Roma, dove faceva il gelataio in una pasticceria. Rilevò la pizzeria che offriva già allora la pizza al padellino, tra le migliori di Torino.

- Nel maggio 1958 la famiglia Galoppi, appassionata di cucina casalinga genuina apre in Corso Novara 75, il Ristorante Ivo. Con la seconda generazione inizia l’evoluzione dell’Antica Trattoria Toscana grazie a importanti novità nel servizio e nella cucina e, oggi, la terza generazione continua a portare in tavola la passione per la tradizione rivisitata in chiave moderna. Un ambiente ricco di ospitalità, ideale per concedersi un momento di pausa, assaporare ingredienti freschi e abbinamenti insoliti, ritrovare i profumi della tradizione.

- Marcello Grazzini, classe 1926, che, all’età di 14 anni, lascia il paese dov’è nato e cresciuto, Altopascio, in provincia di Lucca, e si trasferisce a Torino. È il 1940. Sono tanti i toscani che vanno a trovare lavoro lontano da casa. Con sé portano le tradizioni e il saper fare della contrada toscana. Per Marcello sono anni di duro lavoro, impara l’arte nei ristoranti toscani di Torino, fino a padroneggiare l’arte della ristorazione. Un giorno va a trovare un amico-collega che lavora come cuoco a Milano ed è in quest’occasione incontra Fiorenza, anche lei toscana, della quale si innamora e che sposa a ottobre del 1950. Da allora percorreranno un’intera vita insieme, protagonisti della ristorazione torinese. Fiorenza e Marcello aprono il loro ristorante in Corso Stati Uniti 4, nel 1961, a due passi dalla Stazione di Porta Nuova: sono anni di grande impegno e molte soddisfazioni; tanti sono i torinesi che, non potendosi più permettere il cuoco in casa, iniziano a frequentare i ristoranti con le loro famiglie: da Marcello trovano la buona cucina italiana. Una cucina che, negli anni ’60, era opulenta in tutto: dalle portate, alle porzioni belle abbondanti, ai sapori forti e decisi. Tutto un altro mondo rispetto a ora. Nel frattempo è nata Laura. Il Ristorante è per lei una seconda casa e Laura, come spesso succede, comincia prestissimo a dare il suo contributo. Dal 1973 è in pianta stabile sulle orme del papà e nel 1975 entra a far parte della squadra anche Giuseppe che nel 1980 sposerà Laura. Insieme lavoreranno con i fondatori fino al 1990, data decisiva: è in quell’anno che passeranno definitivamente la responsabilità del locale agli "sposi". Per i giovani sono anni di grande impegno, responsabilità e finalmente di autonomia nella gestione e nella conduzione del ristorante. Entrambi, infatti, avevano osservato da qualche tempo il cambiamento nei gusti e nelle esigenze della clientela, e avevano attualizzato il menu.

- Gli Anni Sessanta sono pure quelli del Ghibellin Fuggiasco di via Tunisi 50, a poca distanza dallo stadio Filadelfia e dell’Abetone di Corso Raffaello (un altro monumento di cui non ho notizie storiche). Da ricordare anche Adriano di via Pollenzo e il Montecarlo di via Nizza angolo via Tiziano.

Un doveroso inciso finale: i ristoranti di Torino gestiti da altopascesi adesso sono meno che una ventina, mentre nel periodo di massimo splendore erano almeno un centinaio.

Ecco alcuni toscani, di cui ho solo il piacevole ricordo, che, negli anni della mia giovinezza degli anni ’70, frequentavo assiduamente insieme alla mia “metà”, quasi tutte le sere:

- Il Firenze di via san Francesco da Paola del mitico Alfio Segrieri di Altopascio, un ristorante (esisteva dal 1949) che ha fatto la storia di quegli anni. Alfio prima del Firenze, aveva avuto il Ristorante Corso, di Corso Vittorio (ma non ho notizie precise). Chi non ricorda le “tagliatelle del Moro” o la “gesuita panna e funghi” del Firenze. Un locale sempre pieno com’erano i toscani di allora. Negli anni ’90 si era trasformato in “Ponte Vecchio”, conservando gli originali arredi anni Cinquanta e un pizzico dell'antica atmosfera. A gestirlo era la figlia Nadia Segrieri, che aveva preso in mano la storica attività di famiglia rinnovandolo con passione e inserendosi nel solco della tradizione gastronomica piemontese. All'interno del Ristorante Ponte Vecchio di Torino c’erano quattro ampie sale che potevano accogliere 110 persone, semplici ed eleganti al tempo stesso e perfette per banchetti e cerimonie di una certa importanza. Tra le specialità della casa, i Rigatoni freschi alla Scarpaia e la Costata alla Robespierre ideata dal padre di Nadia, spaghetti freschi gamberi e zucchine, funghi e tartufi di stagione, grande assortimento pesce. In seguito il ristorante si è spostato negli anni, all’angolo di via Ormea con Corso Vittorio, poi dopo poco tempo ha chiuso ed è sparito. Al posto del locale in via San Francesco da Paola, un nuovo locale moderno e anonimo, con cucina internazionale.

Dalla cucina di Alfio sono usciti parecchi chef, uno di questi Donato Mecca patron del Ristorante “Crocetta” di Via Marco Polo 21, da anni uno dei migliori toscani di Torino, dove spesso ho mangiato benissimo, piatti toscani, piemontesi e di pesce, ma il “top” è la sua Costata alla Robespierre, che ben ricorda quella del suo maestro. Ho persino avuto il piacere di lavorare in questo elegante locale, in un’estate di tanti anni fa, aiutando Donato in sala.

- Il Mon Ami di via San Dalmazzo 16, di Gino Giusti e Maria Adele, aperto nel 1969 sulle spoglie di un’altra Trattoria Toscana, Checco e Pina degli anni ‘50, e ancora prima dalla Fiaschetteria Salvatori negli anni ‘40. I “Giusti” era una famiglia di “Altopascesi” famosa a Torino, infatti Mauro Giusti aprirà la Trattoria Da Mauro (ne parlerò in seguito) e Marco Giusti per anni ha portato avanti un frequentatissimo Ristorante Zia Amelia di Via Nizza. Il Mon Ami, un posto indimenticabile dove venivamo coccolati dai proprietari e negli anni abbiamo conosciuto i fratelli Piras che sin da giovanissimi avevano fatto la gavetta nel ristorante (1972), Angelo Piras che era cameriere e Battista Piras, cuoco. Angelo negli anni diventerà anche lui uno chef e da anni è il patron del San Domenico di Chieri. Battista e la moglie Anna, hanno continuato la gestione del Mon Ami per anni dopo i coniugi Giusti hanno mollato. Il Ristorante in seguito è diventato il Rural e ora si chiama Angolo 16. Angelo Piras si ricorda ancora dello chef di quegli anni, Roberto Donasoldi, un famoso personaggio di allora.

- Altri personaggi toscani che “sono ancora sulla cresta dell'onda!” sono Antonio e Claudia Ceccarelli di Massa Carrara, arrivati a Torino nel 1958. Per anni hanno gestito con molto successo “il 24” di via Montebello e “il Sole”di via Maria Vittoria, gestito insieme al fratello di Antonio, e adesso chiuso. Antonio è uno di quegli chef che da cinquant’anni delizia i torinesi con una ristorazione espressa fatta di piatti toscani e piemontesi assolutamente eccelsi . Da qualche anno hanno acquistato questo localino in Via Santorre di Santarosa 7 (negli anni '90 c'era il Salsamentario) , frequentatissimo locale poco distante dalla Gran Madre e da via Monferrato.

- L’Appenino Pistoiese di via Nizza 69, anche questo ormai chiuso da anni che frequebtavo saltuariamente.

- Il Ristorante Da Mauro, la madre di tutte le trattorie toscane aperte a Torino, cosi scrive un giornalista, nasce nel 1964 per volontà di Mauro Giusti e Lina, una coppia di ferro con il cuore dedicato alla cucina e ai sapori genuini della tradizione italiana. L'ambiente, di Via Maria Vittoria 21, è praticamente immutato come la qualità che costantemente richiedono a fornitori e dipendenti per la soddisfazione del cliente. Ogni giorno un menù diverso è battuto a macchina per offrire prodotti freschi e di stagione.

- Un altro ristorante che negli anni si è fatto apprezzare è Mara e Felice di Via Foglizzo 8, nella decentrata zona di Lucento. Per anni è stato un ottimo approdo della ristorazione, i Martinelli hanno mantenuto ottimi standard toscani, trasformati negli anni ’90 in poi come specialisti del pesce. Attualmente è definitivamente chiuso.

La Trattoria da Lauro in Via Airasca 13 è un toscano a conduzione famigliare aperto da anni, pur esistendo un validissimo menù di terra tra Piemonte, la moglie è Toscana, il marito è il cuoco, il vero protagonista è il pesce, qui cucinato benissimo: in tanti lo sanno e infatti anche in pausa pranzo il locale è praticamente sempre pieno tra colazioni di lavoro e pranzi rilassati di famiglia.

- Se per caso non conoscete la Trattoria Toscana di Via Vanchiglia 2, ecco un altro toscano degno di nota, Luca e Giorgio vi accoglieranno garbatamente servendovi piatti dai sapori sono ancora veraci e prezzi veramente ottimi. Il menu è ancora battuto con la macchina da scrivere e con una carta ricchissima.

- Altro locale un po’ decentrato in zona Santa Rita che offre un’ottima cucina a base di pesce, ma il ristorante è stato aperto da Benito e Sauro entrambi di Marginone in provincia di Lucca, nel 1966, una garanzia in Corso Siracusa 142.

- Il Ristorante Toscano di via della Misericordia 4, è un posto magico, nato nel 1968 in questa stradina che porta alla chiesa dove venivano portati i condannati a morte. Nuovi ambienti, che non tralasciano quel clima casalingo della trattoria del Lucchese.

- La cucina di Lido…..un toscano di pesce. Siamo abituati a frequentare ristoranti di pesce a Torino, ce ne sono parecchi, alcuni abbastanza cari altri un po’ meno. Sappiamo tutti che il pesce buono è caro e quindi bisogna farselo pagare. Qui da Lido è un posto dove puoi mangiare il pesce fresco a prezzi molto onesti, il suo segreto, tutte le mattine all'alba a comprare il pesce al mercato ittico. Lido Baggiani, cucina da sempre, più di settanta anni di lavoro, ha iniziato da giovanissimo, appena arrivato dalla campagna Pisana, con la gavetta da Plinio, nel dopo guerra, poi nella sua trattoria di via Monginevro 75, in seguito ha continuato aprendo la Gastronomia che ha tenuto per anni all'angolo di Corso Racconigi. Dopo tante vicissitudini passate “nelle cucine”, una dozzina di anni fa apre questa “trattoria del Pesce” in Corso Novara 35, un posto non bellissimo, ma contrariamente alla posizione il suo locale “è sempre strapieno”, infatti i suoi piatti sono insuperabili, ma il suo cacciucco è da antologia.

- La Spada Reale è un'antica ristorante dietro piazza Vittorio Veneto, in via Principe Amedeo 53. Per anni è stata una trattoria Toscana, accogliente ed ospitale, frequentato dai più importanti personaggi dello spettacolo passati a Torino, dagli anni '50 in avanti, come attestano le foto alle pareti. La cucina era quella toscana ma arricchita con un tocco di estro che rendeva i piatti preziosi e delicati. Negli ultimi anni la proposta è diventata di cucina siciliana.

- La Taverna delle Rose è un altro locale storico toscano che da oltre 60 anni delizia i palati di appassionati e turisti in cerca della cucina autentica del territorio.Aperto da Giorgetti, grande ristoratore (ristorante Pavia) è gestito da Giacomo e Alfio, i titolari, da oltre trent’anni, con variazioni siciliane e piemontesi:

- Ristoranti Toscani in origine, ambedue di Corso Moncalieri, sono gli Alberoni al 288, e Catullo Ciacci al 176.

- Un tempo c' era la storica gelateria Copa Rica,al numero 18 di via Cernaia, di quel mitico Mencarelli, famoso tra i “Toscani” di allora. Oggi c’è la gelateria di Alberto Marchetti, ma il rimodernamento dei locali all' angolo con corso Siccardi era stato fatto dalle Gelaterie Grom di Guido Martinetti.

- Un altro toscano era “La Brace” di via Napione 28, ma non ho notizie se è ancora funzionante.

- In uno splendido vicoletto dell’antico borgo del Campidoglio, in via Rivara 30, un locale toscano gestito da giovani, Cosa Bolle in Pentola, ne parlano bene, da provare!

Come ho detto sopra ormai i ristoranti toscani che continuano la loro attività ormai sono pochi, spesso sono diventati locali in cui il pesce è padrone, altri alternano piatti piemontesi e altri ancora sono diventati pizzerie, forse unico degli unici che ha mantenuto la sua identità è il Gatto Nero grazie a Andrea Vannelli. Tutto cambia al Gatto Nero, ma in realtà nulla cambia. In Corso Turati si continuano a offrire porzioni abbondanti di cose buone fatte con il massimo impegno e con le migliori materie prime a disposizione. Rimettendo però ogni giorno in discussione i propri piatti, per essere sempre al passo con i tempi. Anche se alcune specialità, come la mitica insalatina di pesce dalla ricetta segreta, viene proposta in maniera quasi immutabile e con grande successo da decenni.


Milano come Torino è stato investito da questo influsso, ecco alcuni dei migliori locali toscani Storici:

Partiamo da Aimo Moroni, il più famoso, che arriva a Milano il 21 aprile del 1947 e per un po’ lavora con uno zio che vende caldarroste in piazza Lodi. Poi una cremeria nella stessa piazza, il ristorante Gioacchino nella centrale Piazza Mercanti, quindi la gestione di una cucina, rilevata insieme con la madre. È il 1955, il locale si chiama Da Aimo e la traccia più preziosa che lo ricorda è un vecchio menù conservato gelosamente, con il retro dipinto da un pittore. Nadia è assunta tra il personale…

Ristorante Lucca esiste dal 1922, Il Conte Ugolino dal 1935, Alla Collina Pistoiese dal 1938, Ribot dal 1975, la Trattoria la Torre di Pisa, l’Osteria a Casa Tua, La Cucina De' Mibabbo, il ToscaNino.


Antonio DACOMO

Gennaio 2021

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